"A Lorenzo, Zaccaria, Nelson, Giorgio, Emily, Beatrice, Alessandro e a quelli che verranno, ora vi racconto qualcosa di vostro nonno..."

COSI' HANNO SCRITTO SU DI LUI:

Su una trama di luce il pittore fiammingo Roger Wouters proietta il sincero sentimento e il suo temperamento virile. E' un pittore nel vero senso della parola. Uno che rispetta i mezzi della sua arte espressiva mettendo in luce più la sua forza intrinseca e la tensione che il virtuosismo.
Così egli introduce nel ricco simbolismo della vita: il bambino, la madre, la famiglia, il contadino, il paesaggio, i fiori e le piante, simboli che egli trasporta in una visione più aperta e diretta. La semplice esistenza viene sublimata in una rappresentazione lirico- sensuale che ci offre una integrità artistica e una autentica personalità.

In questa arte descrittiva e' insito l'accostamento emotivo delle cose, ma la forza creativa è continuamente controllata dalla maturità artistica raggiunta da Roger Wouters. Questo porta ad una forza esplosiva temperata da una sorprendente naturalezza, che conduce sempre la composizione ad una unità organica ed armonica.

E' inoltre degno di nota che questo artista dispone di una straordinaria sensibilità poetica, in cui le intime cose trasferite in particolari di colore agiscono su di noi in maniera suggestiva.
Un confronto con l'opera di Roger Wouters fornisce gli elementi per una rivalutazione della pittura che purifica la ricca tematica della vita quotidiana. Roger Wouters è un pittore puro nel vero senso della parole il suo credo artistico risuona nella sua piena verità.

REMI DE CNODDER


Qualcuno ha scritto che solo agli uomini forti e' concesso il dono divino della grazia.
Si potrebbe dire certo questo anche per Roger Wouters che impiega la forza del suo carattere e del suo fisico non per reprimere o imporre (e neppure per imporsi), ma per cercare il senso ed i significati dei fiori, dei campi o dei fiori dei campi in cui i suoi bambini, come quelli dei suoi quadri (ma sono forse sempre gli stessi?) potranno correre, liberi per una volta, in uno spazio che è forse sognato.

I gialli, di Roger, le sue luci di utopia, il senso assurdo di un mondo che dovrebbe divenire qualcosa di profondamente diverso da ciò che è, esattamente il contrario di ciò che sarà, ci riportano ancora una volta non tanto ad un discorso formale fiammingo o italiano (è lo stesso nel presente internazionalismo), quanto allo spazio interiore delle fiabe al messaggio arcano dei sogni, in quella zona impervia della coscienza in cui solo gli uomini veramente forti trovano la grazia.
E sarà quella grazia piena di sole come una festa in un altro tempo, in cui per un attimo a qualcuno sarà dato riconoscere un tempo sognato o un tempo perduto, come una dimensione che poteva essere prima che fosse troppo tardi per ogni festa.

Qualcuno ci parlò anche di un paradiso perduto, quello che anche Roger cerca di ricordare, ma non è per noi, non è più per noi altro che la traccia in un quadro.

SANDRO ZANOTTO


Cultura e sentimento, due componenti miscelate in modo estroso, fanno della pittura di Roger qualcosa che inganna.
A vederli, i suoi quadri - chiari, tenui, sfumati paesaggi, volti di donna appena accennati, come se facessero capolino da dietro ampie gelosie di caldi gialli -, si è portati a pensare che da lui le passioni si allontanano, che vive in un mondo di sogno. Invece no. Roger domina la natura esplodente, che ha imparato ad amare in Spagna e in Italia, per filtrarla attraverso la luce - sempre fissa nei suoi occhi - delle albe della sua terra di Fiandra. Infatti si sente in lui la lezione fiamminga che si impone alle emozioni mediterranee forti, travolgenti. Quando, poi, accanto ai pallidi gialli ed ai verdi tenuissimi fa capolino il rosa, risplende tutta, la tela, di una gioia assaporata con attenzione, quasi meditata.

EMIDDIO PIETRAFORTE


TESTIMONIANZA

Il giallo della speranza luminosa o della disperazione e i verdi aspri sono i colori che nel mio ricordo sono legati alle vaste Lande del nord tra Anversa ed Amsterdam.
Sempre ho in mente quando li vedo la pittura di Ensor e quella di Jorn e di Van Gogh e i vostri campi di tulipani. E c'è il giallo anche nella follia; anche nel buio se stringo e chiudo gli occhi. Ed è lui che mi ha colpito quando ho visto i tuoi quadri. Mi sembra si associ al caldo colore del mezzogiorno, del sole che folgora e attenua e vela i profili delle cose, e al fieno maturo.
C'è nei tuoi quadri una vibrante sospensione e l'incanto di una attesa…… e le immagini vengono poco a poco alla superficie.

E vedo i paesaggi e i luoghi dove vivi ora, vicino all'Adda; questo fiume placido e tragico insieme scorre, si vede, nel tuo sangue e ci bevi, si sente, la malinconia di Bruges con i piccoli canali e i pesci verdi.
Anche nei visi di donna, anzi nelle loro aspirazioni, non si cancella, e nei giardini e nei fiori. Che c'è nello spirito nordico che associa più profondamente che altrove la tristezza alla felicità e alla morte? Forse il bisogno di avvicinarsi all'essenza delle cose, al loro profondo significato metafisico; così che intanto che un fiore sboccia già comincia a morire, intanto che uno ride già sta tornando serio e un fiume limpido già si sta inquinando.

Tutto questo vedo nei tuoi quadri Roger e questo è quello che muove uno che dipinge a dipingere, e quello che scrive a scrivere e quello che vive a vivere.
E per me è abbastanza, e per qualunque altro.

GIANNI DOVA


Dal quotidiano "IL TEMPO" Roma - 10 marzo 1984

ROGER: VOGLIO SOLO DIPINGERE

Sotto l'egidia di Vlaamse Kulturele Kring e il patrocinio del presidente del Circolo Fiammingo in Via Madonna dei Monti 109 (galleria "Forum Interart" Roma), il prossimo 17 marzo e sino al 23, si terrà una personale del maestro Roger Wouters. Viene dalla terra dei pittori, fiammingo autentico, nato in Belgio nel 1937, a Brugge.

Artista inquieto, rivoluzionario, anticonformista, eretico. Nel 1953 si occupa di studi sociali, con vivo interesse per i linguaggi poesia e pittura. Le sue mani, il suo cuore non conoscono altra espressione: "Le mie mani vogliono solo dipingere, dipingere….". Quando si prova ad intervistarlo, risponde ironico, poi improvvisamente dolcissimo, sulle problematiche del mondo. A fatica gli strappi che sì, ha frequentato l'Accademia e le scuole d'arte, fin da giovanissimo, ma ride: " Sono sempre fuggito dalle scuole e dalle istituzioni (ha rifiutato di insegnare a Brera; insofferente agli orari, alle posizioni fisse) poi tornavo. Anche ora fuggo, da ogni luogo. Ritorno, poi fuggo di nuovo".

Il suo periodo più stabile: nello studio del maestro Jef Van Tuerhout, dal 1955 al 1958. Per un certo tempo (fra cui sei mesi continuativi) va a lavorare in miniera (Waterschei, Limburgo) ad estrarre carbone, ad unirsi con la realtà dei minatori:li ricorda, li ama ancora. Nella vita, per così dire, sociale, segue gruppi "scalmanati", ha contatti con il pensiero di André Breton, adora Michaux. A Waterschei, sotto l'influenza di Van Gogh, di H. Moore, disegna "Il minatore", opera che si trova a Bruxelles.
Nel 1958 va in Spagna a studiare El Greco. Negli anni seguenti si trasferisce in Francia, lo affascina Matisse. In tale paese, insieme a Philippe d'Arschot, e' co-fondatore del gruppo "Lumen - numèn".
Nel 1962, Roger (così firma i suoi quadri) fonda il Gruppo "Onderaard". Non tralascia la Spagna, s'incontra con Joan Mirò; come il grande spagnolo, da poco scomparso, in certo senso Roger è surrealista ma, come Mirò, non condivide del surrealismo il principio dell'automatismo creativo e dell'assoluta passività dell'artista.

Roger raccoglie, con intensità appassionata, l'esigenza di estrinsecare nella "forma" - con un segno che rifugge gli aspetti realistico-illustrativi - una pittura le cui immagini gli provengono dall'inconscio e oltre, e va oltre.
Da un decennio abita in Brianza, da qualche anno lavora anche nel suo studio di Albano Laziale vicino a Roma.
Le sue opere figurano nei musei e nelle collezioni private di tutto il mondo.

Jazz partition intoducing Roger

Pink master of tragedy
digging tear deep drama
into simple pots and secret caves
into waiting she-gods and sad he-cats
forgoing through munch and gogh-in
lines of virgin height
Roger looks at us from a painterthrone
of ivory locked in a north-south
canvas cancelling all our moods

Of corruption unknown he
draws the pure eclectic near our needs
and tolls happy and lonely for a new type
of harmony...

MARCEL BOGAERTS


Nei quadri di Roger Wouters è ricorrente la tematica della donna. Questo simbolo racchiude in sé altre dimensioni, come la casa, rifugio rassicurante e protettivo. C'è pure la presenza di una bottiglia e di un boccale, quasi a testimoniare il momento creativo e di evasione dallo strapotere di questa "mater" onnipotente, seduttrice e creatrice di tutto ciò che riesce a contenere in sé, ma anche ad emanare, ad irradiare dalla propria figura.

La donna di Roger acquista il potere di una simbologia ambigua. Dà l'idea di una presenza rassicurante, ma al contempo la sua sinuosità comunica la sensazione di un possibile cambiamento, d'una trasformazione in qualcosa che la linearità dell'uomo cerca di capire.
C'e' un quadro di Roger che sembra esprimere la problematica del pittore. In questo suo lavoro la donna è avvolta dall'azzurro dei mari, che sembrano averle dato la vita, a cui restituisce la propria immagine compatta, ma ricca di sfumature, come lo sono i simboli esistenziali nate dalle calde acque del Mediterraneo e palpitanti sulle fredde rive dell'Atlantico.
Il giallo dei quadri del pittore non rappresenta solo i tulipani delle Fiandre, ma anche le dorate spighe delle terre del sud.

Le linee della pittura di Roger sono sinuose, gioiose, capaci di ulteriore, intrinseco movimento.
I suoi colori sono caldi, sfumati, sensuali, intrisi di terra e di sole, di corposa materialità, ma al contempo sfuggenti, aerei, utopici, lontani, come lontano è l'orizzonte dei suoi sogni.

GIANNI TOMASETING


Mi oppongo energicamente alla tentazione alla quale nessun critico professionista è capace di resistere. Non appena incaricati a correlare con note esplicative Opere di Autori - in fragrante reato di tradimento - invertono le parti: licenziano fantasmagorie filosofiche proprie, con la speranza che l'occasionale corredo illustrativo le renda comprensibili.
Io vorrei invece fare un buon servigio, tanto a chi espone, quanto a chi fruisce della mostra. Non intendo tradurre in chiari concetti contenuti "ultra-ratio" di Opere d'Arte (cioè quel tanto di ispirato e di superconcettuale che vi è in esse e che è intrasportabile nell'idioma del volgo e che del resto le qualifica, le differenzia da una ben confezionata crosta, - un'impresa ovviamente impossibile -) invito il visitatore a fare come me.

Io mi fermo, docile e recettivo, in contemplazione dell'Opera. Mi lascio raggiungere - senza presumere che dalla mia intelligenza possa avere soccorso - ben sicuro di non aver capito niente.
Se riesce questa sorvegliata rinuncia all'orgoglio, a poco a poco - non sempre, ma sicuramente sempre innanzi ai quadri di Roger - mi pervade un senso di consolazione, poi un fermento ed un entusiasmo, infine: vera gioia di vivere.

E' questo il segno che ho colto il messaggio che - lui, senza saperlo - mi ha saputo trasmettere, semplicemente perché è un vero artista.
Lui vive nel colore, da lui sgorga libero e spontaneo, finché per ventura, talvolta prende anche forma, significando che quel che è stato chiamato a dire è stato detto. Allora è soddisfatto e cambia tela.
Così faccio anch'io, ripetutamente, alla fine esco e mi sento migliore, appagato. Dentro di me è accaduto qualcosa: ho goduto di un muto colloquio con l'infinito. Una sensazione talmente concreta da spingermi a rispondere a tanta grazia: "Ora so che è dentro di me il Tuo Regno".

Ma questo pettegolezzo intimo è forse troppo elevato. Conviene dire qualcosa di più comprensibile e di utile. Utile a chi qualche volta è indotto ad assicurarsi l'esclusivo godimento intimo, l'intima edificazione che deriva dal "vivere con una Opera d'Arte". Compri pure tranquillamente: le opere di Roger Wouters sono accessibili perché è ancora vivo. Dopo - auguriamogli tra cent'anni - i prezzi schizzeranno alle stelle.
E' segno che sono arrivati nella sfera dalle quali sono scaturite queste Opere di limpida e genuina poesia.
Ecco, questa è la giusta conclusione; le Opere di Roger scendono direttamente, senza impedimenti, dalle Stelle.

GIORGIO M. C. FÒLDES


HET IS ZO MOOI, SOMS
Voor Roger Wouters

Je laat licht achter in de bomen
en de kleuren in het landschap
verkaveld behoren jou toe.
Je hoofd vult zich met dromen.

Op heldere dagen
zie je ver weg
wolken over de heuvels komen.
Het is zo mooi, soms

lig je er wakker van.
Dan lijkt het wel eeuwig
een jaar krimpend met doornen
en rozen.

(uit: Verdwaald ben je er precies pas geweest. 1975)

GERD SEGERS

Pour ROGER,

La main d'abraham
oubliée
aux bords des yeux,
l'announce
le bois qui va br^uler

VERVIERS TEMPS MELES 1969


VOOR ROGER

Vlucht uit je handen de verf
tegen een zachtere muur
de blindgeworden leegte werend
Je overwonnen doek.
Je voile. Je toile.

(uit : Het blauwe nekvel van de nacht, De Galge)

IRENE VAN KERCKHOVEN 1967


Accade in un caldo giorno d'autunno il mio ultimo incontro con Roger Wouters nel suo atelier situato a Sulbiate. Le due stanze, simmetriche e disadorne, ospitano morbida luce pomeridiana inondata attraverso finestre poste come occhi. Di fronte alla porta d'entrata sono appesi fogli d'appunti. Più in là, sull'unico tavolo ingombro, attraggono la mia attenzione alcuni disegni posti in bella mostra per l'occasione. I quadri, appesi o puntellati a parete, attendono nel silenzio.
Ma ciò che più sorprende nella visione d'insieme è una emotiva lievitazione di serena calma che la penombra trasfonde in assonanze.

Il discorrere iniziale con Roger e' lievemente concitato, quasi verboso. Tra una sigaretta e l'altra mi mostra ogni cosa che possa interessare sè e me. Ansiosamente.
Già conoscevo il suo lavoro, da anni. Conoscevo e conosco le sue tematiche portate dentro sè da sempre a emblema: paesaggio- forma - natura, terra madre. La ricerca resta intensa non mutando niente dall'originaria scelta iniziale, anzi, rafforzandola religiosamente, quasi misticamente, senz'altro umanamente; fin dal tempo in cui apparteneva da co-fondatore al gruppo internazionale "Onderaards" .
Come pure conosco le sue esigenze poetiche nella dimensione genuina e spontanea del sentimento, e il suo essere innocentemente portato a vestire i dipinti di fertile immaginario, fuso e avvolto nel reale che approda il lidi della memoria e della favola.

Ho sempre dato poca importanza alla quotidianità, preferendole il gioco del fantasticare, vagheggiando profondi ribaltamenti dell'essere.
Per un artista pare ovvio che debba essere così.
Qui, dunque, in questo studio con Roger, con gli oggetti, con gli strumenti dell'arte, mi trovo a mio agio. Sono dentro una parentesi che mi compete.
Incontro un uomo immerso, anche lui a capofitto nell'utopia gioiosa e maledetta del "Paradiso perduto" e ritrovato, che si consuma nelle sfumature di una vita spesa a decidere quale sia il tipo di cruccio, di patimento o di grazia: scegliendo il fallimento a volte delirante oppure la meraviglia del sognare "azzurro" , nella sintesi di una vita.

I luoghi comuni contano poco. Fare i quadri conta. Per un pittore conta esistere e fare arte. Pur nella incerta disposizione d'animo, con l'occhio stanco, i dubbi, la pelle tesa e vibrante in tensioni laceranti, conta operare, cercando di spazzare via le perturbanti condizioni, con l'incanto dell'invenzioni e delle creatività. Tutti noi abbiamo addosso i fantasmi della spiegazione, a tutti i costi, del nostro agire, delle nostre intuizioni e ne facciamo letterario esibizionismo. Un pittore dovrebbe fare più che parlare.
Ma Roger è così scopertamente disarmante da tentarmi, invogliarmi a sbloccare questo ricorrente aspetto: che la parola riesca a sostituire i contenuti della pittura e viceversa.
Le divagazioni, anche se hanno distolto momentaneamente la mia lettura di questi dipinti, non riescono a smorzare l'attenta indagine. Da essa scatta la ossessiva domanda sulle motivazioni e i perché di un opera d'arte fatta così.

Un'interrogazione a volte scontata nelle risposte, altre volte arcana, altre ancora molto chiara. Mai certezza. Mai sicumera.
Resta, comunque, un continuo esercizio del veder a orizzonte d'occhio, guardando con la mente ogni stesura della colorata materia.
Qui sta il cuore del problema.
Leggervi i contenuti attraverso la qualità della tecnica pittorica.

I dipinti di Roger hanno valore per ogni dove. Vedo, per esempio, il suo gesto controllato nel muovere pennellate, magre e trasparenti: accarezzando più che irrompendo portano l'elemento luce-materia sulla fitta trama della tela.

Con scaltra avvedutezza si, ma autenticamente salda nei concetti di poeticità dell'immagine.
Pochi sono i suoi ripensamenti. Gli accordi sono languidi, timbrici anche, tonali ed insieme aspri nell'accentuato appiattimento più da pittura nordica che lombarda. I gialli accesi, i verdi, l'ocra e certi azzurri fluttuano nella mancanza di vera ombra, solennemente.
In sostanza non si tratta di leggere nelle opere di Roger arcaismi naturalistici, ma di scorgervi consapevole primitivismo assorto nel moto vitale che traduce la "massima complessità con la massima semplicità".
E' dentro queste cose che io e Roger ci lasciamo per ora. Tanto è fatale ritrovarci.

MARCO CARNA'

ASSONANZE DI WOUTERS

Alla Mineraria personale di Roger Wouters. Mi dicono di alcuni suoi dipinti entrati in musei belgi e fiamminghi. Qualcosa di suo è al museo di Ostenda, tanto per allungar la notizia. Ma non è questo, naturalmente, che mi concilia con la sua pittura. Roger me lo vedo ben vivo anche al di fuori di questa notizia. Troppe volte, comunque, compone impaziente e veloce, la sua stesura cromatica e la vicenda segnica risentono d'un certo andar grezzo, d' un dialogare alquanto aspro e approssimativo. E a lui che stende colore su colore, e che potrebbe cercare la strada ad essere elegante e raffinato, la velocità, l'asprezza e l'approssimazione non è che s'addicano nel più meraviglioso dei modi.

E' vero che Roger, se gli chiedete perché non si curi più cautamente dei rapporti cromatici e non cerchi una più scrupolosa stesura del colore, è capace di dirvi che la società, siccome è aspra, lo spinge alle asprezze. Un rispondere in buona fede, intendiamoci. E magari non senza generosità, se uno vuol soffrire del male degli altri, e a essere sociale e sociologico mette un po' di disarmonia nella propria pittura. Nei panni di Roger, non mi farei incasellare troppo mellifluo. Per quanto mi renda conto che il collettivo inghiotte ciò che è individuo, tenterei di non farmi condizionare e barba e cervello e muscoli.
C'è un sua tela simbolica, cavata dal gioco delle carte. E Roger è capace di dirvi severo e solenne che la donna di cuori è emigrata nel regno dell'utopia . Un modo come un altro di proporre una determinata convinzione. Ma è chiaro che il nostro artista, se pure ha tante risorse affettive e sentimentali, sul piano del razionale è più che prossimo a vacillare. Che s'agganciano al collettivo sono i deboli o i furbi. E Roger che non è sciocco e che non vive di calcoli, potrebbe un bel mattino decidersi per la sua strada. Sarebbe più ordinato e ragionato pittore di quanto non appaia in questo preciso momento,

Detto questo, si guardano con piacere le sue tele. Specialmente certe impressioni di primavera o certe nature morte. Il rapporto del colore segnico, del colore-figura, col colore di fondo, tocca un suo naturale preziosismo, si avvale di certe assonanze che trovano la loro radice nella ragione individua. L'artista sa fare anche altro. Arriva, se vuole, e nella storia della creazione, a una specie d'approssimazione epica, ad un presentimento frettoloso ma non inane di certi primigeni fantasmi.

In sostanza, Roger vive di solitudini. Se gli piace, può anche attaccarsi al sogno. Ma al governo della sua pittura bisogna che sia lui stesso, e che cerchi una sua nota integra al di fuori di ogni sociologico clamore e petulanza. E se per caso la tela gli si raggruma lo stesso e sotto il pennello gli balla ubriaca, delle incertezze che crea mentre stende il colore, delle asperità alle quali indulge fidente, saranno responsabili il mondo e la carne.

CARLO FUMAGALLI

L'ANGELICA FOLLIA SIMBOLISTA DI ROGER

Potrebbe sembrare un vezzo di sapore intellettualistico, eppure la nostra società dominata dal rapporto costante e violento con gli oggetti che ci circondano, fino a divenire essi stessi il centro del nostro universo, la nostra società ha finito con il ricercare nell'arte un'estenuante emozione simbolista, recuperando i valori di una corrente artistica che - alla fine dell'800 come oggi - nacque dal rifiuto della tecnologia, per riportarci ai misteri delle origini.
E Roger Wouters sente fino in fondo il richiamo irrazionale di quel groviglio di impulsi e di situazioni che ci portiamo dentro. Il suo però non è un viaggio indietro nel tempo, ma uno spaziare nelle vaste regioni del nostro essere, un riscoprire l'esistenza in divenire: la luce, il sole, la notte, l'amore, il seme, la nascita.
Osserviamo attentamente la sua ultima opera, "Le Nozze di Cana": in essa predomina la ricchezza data dalla semplicità, l'attesa suscitata dall'incompiutezza. E' una visione piena di meraviglia, come si addice per l'uomo di fronte al miracolo che si ripete. Ma il miracolo - questa è l'intuizione - non viene dall'esterno. Esso è dentro di noi, dipinto coi colori dell'amore.

Roger matura in silenzio, a lungo, le sue tele: in esse la dolcezza dei rosa, dei gialli e degli azzurri crea delicate atmosfere dove serenità e melanconia si fondono.
In questo suo severo rapporto con la pittura, l'idea si concreta in modo rigoroso: gli elementi compositivi si caricano di valori allusivi e simbolici, con la forza di una parola non addolcita da aggettivi.
Il chiarismo pittorico, l'apparente gentilezza ed ingenuità delle immagini non ci traggono in inganno: non v'è abbandono o idillio, ma dramma e lotta crudele con le tentazioni insidiose di sacrilegio e di dissolutezza che ci tormentano. In una parola: lotta per l'esistenza nella foresta del XX° secolo.

Un'ultima annotazione, in qualche modo riassuntiva. Fissiamo la nostra attenzione su di una sua opera, "Il mare del cielo". Nel titolo il paradosso è evidente, come nelle figure e nelle piante che si perdono nella liquida atmosfera di questa tela squisita. In essa Roger ha fissato il suo credo artistico. Come nel quadro la luce sembra corrodere immagini di un'eterna e fredda alba, così, di tutti i fuochi che muoiono in lui, la pittura assomiglia unicamente a questo sole, che si consuma in una sua apparente, nostalgica eternità.


RENATO BESANA



dromen@rogerwouters.com